Biografia - Renato Marcialis la biografia come nasce

Renato Marcialis Biografia

Renato Marcialis si racconta

Biografia – Renato Marcialis la biografia come nasce da un’idea

Renato Marcialis Fotografo – Biografia di Renato Marcialis

Alle 7.40 del 15 maggio 1956 nasce a Venezia Renato, la terza “R” della famiglia Marcialis.
Papà Gino e mamma Giuseppina, i fratelli maggiori Riccardo e Roberto, sono stati il primo nucleo sociale e familiare dove il piccolo Renato ha formato il suo carattere. Una famiglia degna della migliore commedia goldoniana cui fa da sfondo una grande casa antica nel cuore della Venezia che ha nutrito l’immaginario di ogni artista. Il ritmo e il continuo rinnovamento ben rappresentati dal suo nome, Renato ovvero “nato di nuovo”, lo porta a soli tre anni a Verona per seguire il lavoro del papà. Qui nasce la sorellina Elisabetta, l’ultima dei quattro fratelli.

Ma sarà Milano, dove dal 1964 la famiglia Marcialis si stabilisce, l’ambiente nel quale il giovane Renato vede crescere e coltiva la sua passione artistica e professionale. Ben presto il nostro giovane dimostra un carattere creativo e indipendente ma al DNA non si sfugge!
I cromosomi di nonno Enzo, chef su navi da crociera, di zio Gastone chef Cordon Bleu de France e del papà Gino, uno dei più famosi chef barman di quegli anni, porteranno Renato a intraprendere una strada ben precisa. L’adolescente Renato, che, come ogni ragazzo dotato di personalità spiccata, mostra subito grande caparbietà e carattere nel seguire i propri interessi si appassiona alla musica d’oltre manica fondando un gruppo che lo assorbirà al punto di dimenticare spesso e volentieri gli impegni scolastici. Il papà Gino, da professionista concreto qual era, non sostiene la passione musicale di Renato e reindirizza le sue energie trovandogli un lavoro nello studio fotografico di alcuni conoscenti. Ora saprà dove trovare il figlio “almeno dal lunedì al sabato”.

Alle 8.30 del 3 marzo del 1970 inizia la grande avventura di un ancora inconsapevole artista dell’immagine. Mentre porta a termine i suoi compiti, Renato osserva il lavoro dei due fotografi specializzati in meeting aziendali e matrimoni della Milano bene, dove ville da sogno e pranzi da favola sono all’ordine del giorno. Dopo due anni cambia studio e viene “promosso” stampatore da un fotografo specializzato in riprese industriali: lampadari, giocattoli e articoli da regalo. Il suo “regno” é un gabbiotto di circa un metro quadro nel quale però non manca lo stereo e dove trova persino il sistema di fumare senza danneggiare la sensibilissima carta fotografica. Dopo sei mesi di quella vita Renato, ormai diciassettenne, si sente pronto al grande passo tanto che minaccia il titolare di dimettersi qualora non gli consenta di fotografare in sala posa. Il suo talento incomincia a germogliare. Nel frattempo il fratello maggiore Riccardo, già art director affermato, inizia una nuova avventura nella fotografia di gastronomia e nel 1976 propone a Renato una collaborazione che durerà ben dieci anni.

Ora Renato vuole farcela da solo e rinasce ancora una volta. Decide di aprire uno studio per conto suo e nei cinque anni seguenti fotograferà di tutto: dalla moda, al reportage, dallo still-life alle riprese industriali. Arrivano i riconoscimenti pubblici: appare negli “inserti ” delle riviste specializzate, viene premiato a Venezia nel 1991 con i colleghi Oliviero Toscani e Vittorio Storaro e nello stesso anno vince anche la Golden Mamiya a Numana. Nel 1992, ritenendo che la specializzazione sia la via da seguire e con estremo coraggio visto il momento economico particolarmente delicato, decide di eliminare tutti i clienti no food. Da allora collabora solo con aziende alimentari realizzando i loro cataloghi, i ricettari, i packaging, le campagne stampa e le affissioni. Ha all’attivo circa cinquanta libri di gastronomia e cocktails e le sue immagini sono rappresentate in tutto il mondo dalle agenzie fotografiche. Spesso gli Istituti di fotografia e design lo vogliono perché tenga workshop e seminari. E non finisce qui…
…e riposto il pennello, disegnai con un raggio di luce, forme e colori, altresì nascosti da una incommensurabile oscurità.
Nulla di meglio di questa concisa frase, spiega la tecnica fotografica delle mie immagini. Il tipico pennello del pittore intriso di colori, in questo caso è sostituito da un ugual pennello dal quale al posto dei colori, scaturisce un raggio di luce con cui illumino, dove ritengo opportuno , i soggetti posizionati in una accurata composizione. Ulteriore peculiarità è la scelta del supporto su cui vengono stampate : tela fine art Epson che insieme alla tecnica fotografica e alla apposizione di una vernice di protezione applicata a mano, crea una superficie leggermente striata dovuta dalle setole del pennello e porta spesso chi guarda queste immagini a scambiarle per veri dipinti ad olio.
Mi ricordano il grande Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, dove la rivoluzione sta nel naturalismo della sua opera, espressa negli elementi dei suoi dipinti e nelle atmosfere, in cui la plasticità delle figure viene evidenziata dalla particolare illuminazione che teatralmente sottolinea i volumi dei soggetti ed essi escono improvvisamente dal buio della scena. Sono pochi i quadri nei quali il pittore lombardo dipinge lo sfondo, lasciato nettamente in secondo piano rispetto ai soggetti, i veri e soli protagonisti della sua opera. Per la realizzazione dei suoi dipinti, Caravaggio nel suo studio posizionava delle lanterne in punti specifici per far si che i modelli venissero illuminati solo in parte, mediante “luce radente”. Attraverso questo artificio, Caravaggio evidenziava le parti della scena che più riteneva interessanti lasciando il resto nell’oscurità.
E con l’ironia che spesso mi contraddistingue, ho voluto chiamare questa nuova avventura artistica “Caravaggio in cucina”. Perché Caravaggio in cucina? Mi piace pensare con la fantasia, che il Maestro trovandosi in un palazzo di un suo committente, nel girovagare tra saloni e corridoi , alla fine sbuchi in una immensa cucina dove un numero esasperato di ingredienti lo accolgano in bella vista. E lui che fa con tutto questo ben di Dio ? Li ritrae uno ad uno.